
Chiesta la condanna a 20 anni per l’omicidio di Rosa Lapiscopia e l’assoluzione per l’omicidio Commessatti
«Il serial killer è un mitomane». «No, è credibile». La procura di Taranto è spaccata sull’attendibilità di Ben Mohamed Ezzedine Sebai, 44 anni, di Kairouan, il tunisino che ha confessato altri dieci omicidi dopo essere stato condannato con sentenza definitiva a 4 ergastoli per la morte di altrettante anziane donne pugliesi. A Taranto si sta svolgendo il processo con il rito abbreviato per quattro delitti di cui Sebai ora si attribuisce la responsabilità. Nell’udienza di ieri, il sostituto procuratore Maurizio Carbone ha chiesto la condanna del serial killer a 20 anni di carcere in relazione all'omicidio di Rosa Lucia Lapiscopia, di 90 anni, uccisa a Laterza il 21 agosto del 1997. Un altro pubblico ministero, Vincenzo Petrocelli, ha invece sollecitato l’assoluzione per l'omicidio di Celestina Commessatti, di 73 anni, ammazzata a Palagiano il 13 agosto 1995.
I magistrati sono divisi. Solo in un caso su quattro sono risultate convincenti, ed evidentemente supportate da riscontri, le dichiarazioni del tunisino che, armato di coltello, girava la Puglia a caccia di anziane. Nella scorsa udienza, il pm Antonella Montanaro aveva chiesto l'assoluzione di Sebai per gli omicidi di Grazia Montemurro, di 75 anni (uccisa a Massafra il 4 aprile 1997), e Pasqua Rosa Ludovico, di 86 anni (ammazzata a Castellaneta il 14 maggio 1997).
Il tunisino è stato etichettato come un «mitomane» o «autocalunniatore» che vuole scagionare detenuti che ha conosciuto in carcere.
Il gup Valeria Ingenito ha deciso di respingere la richiesta di sospensione del processo e l'eccezione di incostituzionalità dell’art. 52 del codice di procedura penale nella parte che prevede la facoltà e non obbligo del persona che svolge la funzione del pubblico ministero. A sollevare la questione era stato l'avv. Luciano Faraon, difensore di Sebai. Secondo il legale, sia il pm Montanaro che il sostituto procuratore Vincenzo Petrocelli «avrebbero dovuto astenersi per evidenti situazioni di incompatibilità visto che hanno sostenuto l'accusa di persone che alla luce delle confessioni del Sebai risultano invece essere innocenti».
Riferendosi ai due magistrati, Faraon osserva che «la condanna del Sebai per gli omicidi per cui si procede farebbe emergere anche il loro coinvolgimento e non improbabili responsabilità, la cui sussistenza ad avviso dello scrivente dovrà accertata dal Csm, per le ingiuste condanne di persone innocenti».
L'omicidio Lapiscopia, per il quale è stata chiesta la condanna, era ancora insoluto. Per gli altri delitti erano stati condannati in via definitiva 7 imputati, ma solo uno di questi (Cosimo Montemurro, condannato a 18 anni per l’omicidio della zia Grazia) ha ottenuto dalla Corte d'Appello, dopo 10 anni di carcere, la semilibertà. Alti 4 hanno finito di scontare la pena: Davide Nardelli (8 anni per l’omicidio di Celestina Commessati), Francesco Orlandi (11 anni per l’omicidio di Rosa Lucia Lapiscopia), Arcangela Tinelli e Maria Palmisano (condannate rispettivamente a 10 anni e 2 anni di reclusione per l’omicidio di Maria Valente, di 83 anni, uccisa a Palagiano il 29 luglio 1997). Due, infine, sono ancora in carcere: Giuseppe Tinelli (ergastolo per gli omicidi Commessatti e Valente) e Vincenzo Faiuolo (25 anni di carcere per l’omicidio Lapiscopia).
Sebai, il serial killer per destinazione, ha svelato il motivo per il quale si è trasformato in pluriomicida. «Bevevo 11 litri di vino al giorno e sentivo delle voci che mi dicevano di uccidere le vecchiette» ha detto il tunisino ai giudici. «Ho avuto un’infanzia difficile. Mia nonna mi faceva picchiare dagli zii. Mi legavano e bastonavano e per questo sono stato sempre abituato a girare con il coltello in tasca. Dopo il mio arresto avevo bisogno di un ospedale per essere curato, non di un carcere. Ora chiedo perdono».
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